mercoledì 21 maggio 2008

Sinistra e PD: Alleati o avversari?

di Matteo Zingarelli
coordinatore cittadino SD

Walter Veltroni e Silvio Berlusconi, recentemente hanno colloquiato per sondare il terreno politico e verificare se c’è o meno la possibilità di un dialogo sulle riforme, un dialogo appunto fra i due maggiori partiti che rappresentano il Parlamento Italiano: il PD e il PDL.
Non a caso una delle riforme che sta particolarmente a cuore a Veltroni è proprio quella elettorale che potrebbe eventualmente inserire alle prossime elezioni europee del 2009 una soglia di sbarramento (forse superiore al 4%) che rischierebbe di compromettere la presenza della sinistra italiana anche in Europa. Un pericolo questo che va assolutamente scongiurato, perché colpirebbe i più elementari principi democratici, in quanto verrebbe negata la rappresentanza nelle Istituzioni di una fascia non meno importante dell’elettorato italiano, così come è già successo per le elezioni politiche.
Il fatto grave è che attualmente il Parlamento italiano è letteralmente spostato a destra (come non mai, sin dal dopoguerra) ed è dotato tra l’altro di una finta opposizione, caratterizzata da un PD “collaboratore” del Governo e dall’IDV di Di Pietro, che contrasta Berlusconi solo sul tema della Giustizia.
Stesso rischio lo si corre in particolar modo alle prossime elezioni europee, dove è chiaro l’intento dei due maggiori leaders del Partito Democratico, di annientare definitivamente la Sinistra da tutte le assisi Istituzionali.
A questo punto l’ analisi che dobbiamo compiere nei prossimi giorni, deve essere proiettata principalmente sul futuro della sinistra, distogliendo momentaneamente lo sguardo dalle cause che ci hanno condotto alla debacle elettorale delle politiche 2008 e concentrarci prevalentemente sul cammino che abbiamo dinanzi a noi. Questo servirà anche ad ammortizzare eventuali “rese dei conti” interne e ad ammorbidire il dibattito nei soggetti politici della sinistra che rischiano seriamente di trasformarsi in nicchie identitarie, solitarie, poco corpose, poco incisive nell’azione politica, ma soprattutto poco attraenti per gli elettori.
Di dubbi ed incertezze, in questo periodo se ne solleveranno in abbondanza, fra militanti, dirigenti e simpatizzanti proprio perchè adesso, diventa realmente poco chiaro il percorso unitario che ha la sinistra dinanzi a sé.
Oliviero Diliberto, nell’intervento conclusivo del Comitato Centrale del PdCI, ha affermato di voler dar vita all’unità della sinistra, partendo dai “comunisti”, rimasti in pochi (a suo dire), ma gli unici di sinistra. Il segretario ha quindi annunciato la volontà di riunificare tutti coloro che si riconoscono nella falce e martello, al di là dell’appartenenza al PdCI o al PRC. Il suo intento è quello di ricostruire in Italia un Partito Comunista, che però non può essere il PCI, in quanto quel nome è di proprietà degli ex DS.
Allo stesso modo anche Verdi e Rifondazione sono impegnati in un dibattito congressuale che deciderà le sorti dei partiti e dove si stabilirà se l’unità della Sinistra da costruire, sarà qualcosa di reale, plurale, democratico, allargato, o se sarà un’unità semplicemente identitaria e settaria che destinerà inesorabilmente la sinistra ad una morte senza scampo. Parallelamente anche Sinistra Democratica è interessata a questo tipo di discussione, anche se dal nostro contesto non va trascurata la volontà di ricostruire un’alleanza di centro-sinistra che vada ben oltre i vecchi schemi dell’Unione. Senza nostalgia alcuna per i vari Dini e Mastella. L’intento di ricostruire un’alleanza strategica, programmatica, che nasce dalla sintesi dei contenuti è l’unica alternativa democratica al governo delle destre. In poche parole, checchè ne vogliano dire Veltroni e Franceschini, il centro-sinistra è l’unica realtà elettorale esistente, in grado di sconfiggere Berlusconi e la sua destra populista e neofascista.
Anche qui però saremo chiamati ad affrontare due nodi importanti per raggiungere l’unità: a) la costruzione di un futuro soggetto della sinistra; b) la riformulazione di una nuova alleanza di coalizione.
Da un lato oggi è necessario ricostruire una sinistra, che come si è già detto, dovrà essere caratterizzata da contenuti radicali, ma con una forte vocazione maggioritaria e cultura di governo. Una forza di sinistra che si riconosca nei programmi e negli ideali del PSE e dell’Internazionale Socialista. Ma credo che questo basti per capire che oggi buona parte della sinistra (la costituente comunista) non ci seguirà. C’è anche da dire che l’autosufficienza non vince né a sinistra e né a centro e su questo penso che parecchi elettori e dirigenti del PD avranno riflettuto abbastanza per comprendere in quale fallimento ci ha trascinati la strategia veltron-franceschiniana. Stessa riflessione dovrebbero compierla anche i “duri e puri” dell’ormai scolorito Arcobaleno.
Ma il nodo centrale viene adesso. Infatti l’analisi più difficile sorge nel momento in cui cerchiamo di ricucire un rapporto con un partito, che non solo ha in sostanza una buona parte di responsabilità per averci cancellati dal Parlamento, ma che continua in maniera ottusa a dire di non volerci. Con un passaggio delicato come questo corriamo il serio rischio di non essere compresi dai nostri stessi elettori.
E’ pur vero che bisogna “ricucire” facendo emergere le contraddizioni nel dibattito interno al PD, ma è anche vero che se il Partito Democratico dimostra che il “fastidio” siamo noi, tentando di cancellarci anche dall’Europarlamento e inseguendo a destra il Governo Berlusconi-Bossi, (e qui non dobbiamo dimenticare che la destra italiana è fra le più pericolose esistenti in Europa, in quanto convivono frange nel PdL che non hanno rinnegato del tutto le proprie origini fasciste), in quel caso c’è da augurarsi che la sinistra rimasta, non parta all’inseguimento a destra del PD, pur di coltivare la propria impronta governativa e maggioritaria. I matrimoni si fanno sempre in due. Se una componente non è d’accordo, non ci si sposa. Ma è chiaro che in quel caso entra in gioco un’altra componente, la sinistra interna al PD, che dovrà fare le sue valutazioni e di conseguenza puntare ad un cambio di strategia politica.
Un ultimo aspetto da prendere in considerazione è quello delle alleanze a livello locale, dove in parecchie realtà la sinistra governa assieme al PD e dove in parecchie altre realtà siamo determinati. Ma purtroppo, anche su questo rischiamo di essere poco chiari. Bisogna interrogarsi e capire se esistono ancora le condizioni per reggere alleanze e governi, non dev’essere una questione di convenienza. O si è alleati o non si è alleati. La gente rischia sul serio di non capirci e su questo potrebbe ulteriormente penalizzarci con il voto.
La riflessione però va accentuata nel momento in cui un partito come il PD dimostra chiaramente di volerci annullare dalle Istituzioni, anche attraverso fenomeni strettamente locali come il comportamento irresponsabile di Sergio Cofferati (tanto per fare un esempio…) che già parla di rottura con la sinistra, pur sapendo che attualmente la sua maggioranza è retta proprio dalla sinistra e che senza di essa, non c’è speranza di vittoria alle comunali. Stessa situazione dicasi per quella moltitudine di realtà governate dal centro-sinistra, dove il Partito Democratico esercita una politica egemone a tal punto da estromettere la sinistra e altri partiti da importanti decisioni governative (casi simili esistono nella mia Città, Cerignola), dove chi conta, alla fine sono sempre le solite tre o quattro persone.
Non resta dunque che interrogarci a fondo e capire se alla fine questo PD è un alleato o un avversario e trarne le dovute conclusioni. Anche nelle amministrazioni locali.